Lume a Marzo, conosciuto anche come Lòm a Merz nel dialetto romagnolo, è una antica tradizione che risale alle campagne della Romagna, in cui si accendevano fuochi alla fine di febbraio (i giorni migliori sono gli ultimi tre di febbraio e i primi tre di marzo: tutti gli altri lumi di marzo sono considerati "eretici"). Questi fuochi bruciavano per molte ore, anche per tutta la notte, mentre uomini, donne e bambini si riunivano intorno ad essi per scaldarsi e per celebrare con un rituale per illuminare il mese auspicando l'arrivo della primavera e tutto ciò che essa portava con sé.
Mentre per noi moderni la primavera può significare il risveglio dei sentimenti amorosi, le diete pre-estate e altro, per gli antichi rappresentava il superamento del freddo invernale e la speranza di un'annata prospera (soprattutto dal punto di vista agricolo). Per questo motivo, bruciavano la sfortuna e il male, quasi come se fossero intrappolati tra le sterpaglie e i residui della potatura che alimentavano il grande fuoco noto come Lòm a Merz.